mercoledì 12 settembre 2012

Il boom dei cuochi under 30


Ciao ragazzi,

oggi vorrei riportarvi un articolo molto interessante che è uscito circa una settimana fa sul Corriere della Sera.
Il boom dei cuochi under 30 : «Le nostre ricette per battere la crisi»
In aumento i giovani tra i fornelli nelle cucine dei ristoranti
MILANO - In Italia il tasso di disoccupazione giovanile è al 27,9%, ma a Milano ci sono ragazzi che hanno risolto quest'annoso problema intraprendendo un mestiere faticoso e impegnativo: il cuoco. Ecco alcuni under trenta. Il più giovane, Gabriele Faggionato, 25enne chef del ristorante «Amaltea» in via Guglielmo Pepe 38 (ex Gianni e Dorina). Nonostante l'età Faggionato è un uomo dalle idee chiare sia sul lavoro che nella vita. «Sono grato della fiducia che Paolo Regondo e Livia Longoni hanno avuto puntando su di me. Non è facile affidare la propria cucina a uno chef così giovane. Lavoriamo bene insieme e spero di fare sempre meglio».
Gabriele Faggionato, 25 anni, alla guida del ristorante «Amaltea»La sensazione è che sia già sulla buona strada. Faggionato unisce due elementi interessanti: la spesa selezionata nei mercati della città e il menu semplice con i prodotti che arrivano da altre culture. «Il risotto alla milanese lo preparo con il tamarindo e la curcuma. I clienti del vecchio ristorante, siamo aperti da dicembre 2011, si stanno abituando a nuovi sapori. Chi invece viene a trovarci per la prima volta, è già informato sulla mia cucina».

Lo chef Lorenzo Santi, 27 anni del ristorante «La maniera di Carlo»L'altro giovane che sta scalando la hit del gusto milanese è Lorenzo Santi, 27 anni, del ristorante «La maniera di Carlo» in via Calvi 2. Il suo patron Francesco Germani, già dal 2009, ha capito bene il valore del suo cuoco. «La mia cucina - accenna lo chef - si fonda su grandi materie prime e sulla ricerca di eccellenze. Le carni di Cazzamali, il Parmigiano di Bonati, il riso della cascina Scanna, sono solo alcuni dei fornitori di riferimento. Mi occupo personalmente anche del pesce che scelgo tra i migliori banchi del mercato ittico». Ciò garantisce il sicuro successo dei piatti realizzati da Santi. Qualche esempio? Il risotto con erbe fresche, pomodorini gialli confit, crema di burrata e polvere di limone o la rana pescatrice in cartoccio su tortino di fregola con tagliatelle di zucchine e sale nero di Cipro.

Eugenio Roncoroni e Beniamino Nespor del ristorante «Al mercato»Due in uno. Così si possono definire Eugenio Roncoroni e Beniamino Nespor insieme «Al mercato» in via Sant'Eufemia 16. Il primo, nato a Milano nel 1983 da madre californiana e padre milanese, inizia la gavetta nella sua città e, dopo alcuni anni spinto dalla voglia di scoprire l'altra metà delle sue origini, si trasferisce a San Francisco. Qui inizia a lavorare in alcuni fra i migliori ristoranti cittadini e della «regione del vino». Chef come Janine Falvo, Angelo Garro e Michael Tusk lo iniziano all'alta cucina. Beniamino Nespor, classe 1982, cuoco al Burger Bar comincia al Livet , dopo due anni passa da Sadler e successivamente è nei Paesi Baschi da Martin Berasategui. Nel 2009 è al Don Carlos. «Al mercato» hanno voluto dar vita ad una cucina in cui tradizione e innov
azione si incontrano. In carta quindi, carpaccio di salmone, asparagi, vinaigrette al miso e i raviolo di tuorlo, tartare di gamberi rossi, asparagi e riccio.

Alice Delcour, chef del ristorante «Erba Brusca»Infine Alice Delcourt, mamma inglese e papà francese, chef del ristorante «Erba Brusca» in Alzaia Naviglio Pavese 286, è cresciuta negli Stati Uniti con una passione per la cucina italiana. Le prime esperienze nel ristorante della nonna in Inghilterra, quindi chef di bordo su uno yacht al largo di Panama. Poi l'apprendistato nelle grandi cucine del Lower East Side di New York e a Londra, al River Cafè.
«Dal giugno del 2011 ho la responsabilità di questo ristorante. Le materie prime sono fondamentali. Il nostro orto ci fornisce quasi tutte le verdure, poi carni biologiche, prevalentemente bianche, come polli da allevamento libero e maiali di cascina, e un po' di cacciagione, come nella migliore tradizione anglosassone. Pesce rigorosamente povero e sostenibile». 
Tra i piatti: il polipo arrosto con insalata di rucola, pinoli e ravanelli, il risotto con robiola di capra e ciliegie marinate al timo e pepe nero o il pollo di Moncucco con tarassaco saltato e fichi agrodolci. Insomma aria nuova, fresca e frizzante nelle cucine milanesi.
Da un articolo di Maurizio Di Gregorio per il Corriere della Sera
(http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_agosto_27/boom-giovani-cuochi-ricetta-contro-crisi-2111575610563.shtml)

Nel prossimo post vi parlerò di Amaltea che ho provato qualche sera fa.

A presto

Giuditta

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venerdì 7 settembre 2012

La famosa cipolla caramellata del Pont de Ferr


 Ciao ragazzi,

prima di cena voglio deliziarvi con la seconda ricetta di un grande chef. Ieri vi ho parlato della cipolla caramellata di Matias Perdomo, ma non vi ho detto che sono riuscita ad avere anche la ricetta.

La cipolla di Tropea caramellata di Matias Perdomo

Ingredienti per lo zucchero:
  • 200 g di Isomalto
  • 2 g di limone
  • 250 g di formaggio di capra fresco
  • 250 g di panna
  • 10 g di albumina
  • 5 Cipolle rossa
  • 100 g zucchero
  • 2 cucchiai di aceto di vino
  • 50 g di burro

Preparazione
Porta l’isomalto a 170 °C, aggiungi il limone. Versa su un tappeto di silicone. 
Lavora la pasta di zucchero fino a satinare. Con l’aiuto di una lampada e di una pompetta per soffiare lo zucchero forma delle cipolle. Sciogli il formaggio nella panna. Incorpora l’albumina con frullatore. Metti dentro un sifone da un litro con 2 cariche di gas. Caramella la cipolla con lo zucchero. Aggiungi l’aceto. Cuoci fino a evaporare tutto il liquido. Per ultimo aggiungi il burro. Farcisci la cipolla di zucchero con la marmellata e la mousse tiepida di formaggio di capra.

a presto

Giuditta

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giovedì 6 settembre 2012

Osteria con cucina...Al Pont de Ferr

Ciao ragazzi,

eccomi di nuovo qui per parlarvi di un altro posticino nel cuore di Milano: Al Pont de Ferr, incastonato nella Ripa di Porta Ticinese, lungo il Naviglio Grande davanti al vecchio ponte di ferro.
Chi vive a Milano lo sa bene...sui Navigli non si va certo per mangiare, anzi..solitamente è un luogo di aggregazione per la movida giovanile o meta importante del turista che visita la città. Infatti il Naviglio Grande è uno dei progetti realizzati da Leonardo da Vinci a Milano.

Decidiamo di andare Al Pont de Ferr perchè lo avevamo scoperto in una delle edizioni del Taste of Milano. Ci eravamo innamorati di uno dei suoi piatti quindi dovevamo assolutamente testare anche il resto.
L'ambiente interno è molto rustico, con mattoni a vista, pavimento in cotto, un grande bancone in legno sovrastato da lunghe file di vini rossi e dei tavolini un po' sbilenchi apparecchiati con tovagliette di carta. Non vi preoccupate non è una bettola dove si mangia male, ma un'osteria che ha saputo rinnovare la sua cucina grazie al talento di un grande chef. Infatti sulle tovagliette troverete stampate le pagine dei giornali che li hanno recensiti.

Da 25 anni l'osteria è guidata da Maida Mercuri, sommelier e ristoratrice da una vita, che ha cambiato la destinazione da osteria tradizionale a osteria moderna. Ha voluto però mantenere un'atmosfera rustica e semplice, calda e familiare.

Il grande sogno di Matias Perdomo
Miei cari amici mi perdonerete la digressione, ma non posso parlarvi delle bontà che ho degustato Al Pont de Ferr se prima non vi racconto un grande sogno di un ragazzo, lo chef Matias Perdomo.

Matias ci ha raccontato che è uruguaiano e che iniziò a muovere i primi passi in un corso di cucina nel suo paese natale accompagnato dallo zio che di mestiere fa il falegname, ma che subito, riconosce in lui la passione per l'arte culinaria. Matias si prefigge subito un grande obiettivo: diventare lo chef del primo hotel 5 stelle del paese, El Condor. L'unico problema è l'età. E' molto giovane, ha solo 14 anni, troppo pochi per lavorare in una cucina di così alto livello. Allora lavora in diversi ristoranti e rosticcerie, fa la gavetta e impara molte cose. Il primo grande risultato arrivò grazie alla cucina italiana del ristorante Paninis, che in soli due anni da locale di trenta coperti diventò una piccola catena con tre diversi punti di ristoro sparsi per il paese. Arrivò finalmente la notorietà tanto meritata, la gente per strada lo riconosceva e lo fermava anche grazie al programma televisivo che conduceva sulla cucina nel suo paese. Matias però voleva di più, voleva scoprire cose nuove e sperimentare.

Arrivò il treno giusto. L'invito dell'amico Juan a raggiungerlo in Italia nel ristorante milanese Al Pont de Ferr gli permise di tornare a sognare in grande e di fare nuove esperienze. Decide dunque di partire e diventa secondo chef. La sua creatività e la voglia di mettersi in gioco si  sposano bene con la tenacia di Maida Mercuri che ha sempre voluto sfidare la convinzione che l'alta cucina fosse solo questione di elittarietà.
Matias contemporaneamente iniziò a seguire stage formativi e di specializzazione soprattutto in Spagna per via della facilità di lingua. Iniziò con uno stellato come il Berasategui di San Sebastian e successivamente con i fratelli Roca di Girona
Al Pont de Ferr gli diedero fiducia e così iniziò ad occuparsi del menù di mezzogiorno, proponendo piatti più freschi e di propria ideazione, senza però stravolgere l'immagine del locale.

Da circa sei anni è il primo chef del locale, affiancato dall'argentino Simon Press.  
Matias si sta affermando come uno degli chef più creativi in Italia e non solo. 

Il menù degustazione
Dopo questa digressione parliamo finalmente di quello che è finito "nel nostro pancino".
Esiste un menù alla carta e due menù degustazione: uno di quattro portate incentrato più sulla carne, l'altro di 6. Il primo viene 50 euro il secondo 70. I menù degustazione cambiano spesso in base ai prodotti di stagione in modo tale da garantire sempre l'alta qualità delle materie prime.

Grande scelta di formaggi che si possono ammirare vicino al bancone in un carrello in bellavista.
La carta dei vini è molto ampia con più di 500 etichette tra le quali troneggiano i migliori Champagne che la sommelier sceglie ed importa personalmente.

Partiamo dal pane che potrebbe essere un elemento "banale" in molti posti, ma Al Pont de Ferr niente è lasciato al caso. Ve ne porteranno sei tipi diversi, fatto rigorosamente in casa.
Eccolo qui, il piatto che ha conquistato i nostri cuori e che ci ha condotti Al Pont de Ferr.
Stiamo parlando della cipolla rossa di Tropea con zucchero soffiato, cipolla caramellata con il formaggio di capra fresco su pane al sesamo nero. Una presentazione fantastica, con una cipolla ottenuta soffiando lo zucchero come per il vetro di Murano, contenente una crema di formaggio di capra tiepida e cipolla rossa caramellata. Un'ottimo equilibrio tra il dolce, il salato e il grasso. Piatto davvero straordinario! Da solo si merita un bel 30 e lode.

Ottimo anche il foie-gras fatto da loro, cotto nel torcione al profumo di pepe di Seichuan, servito con il pane brioche caldo e la confettura di pomodoro. Equilibrato, delicatissimo e ben rielaborato dal gusto agrumato del pepe cinese.

Arriva la pasta, fagioli e foie-gras. Un tipico piatto "povero", rielaborato con grande maestria e arricchito dal gusto del foie-gras. Piatto dell'osteria di una volta, ma indimenticabile per i gourmet di oggi.

Passiamo alla pluma di maiale iberico, con crema di burrata e ricci di mare. Il maialino è tipico della tradizione iberica, dove solitamente per renderlo estremamente tenero lo cucinano nel latte. Avendo provato quello di Madrid nel ristorante più antico del mondo vi posso assicurare che questo era assolutamente in linea con la tradizione spagnola. Leggermento rosolato, delicato e tenerissimo  grazie alla lunga cottura. La burrata contrasta il calore del maialino e crea al contempo una cremina. Arricchita dal gusto molto intenso e particolare dei ricci di mare. Accostamenti molto coraggiosi, quasi azzardati, ma molto ben riusciti. Sorprendente lo sposalizio tra maialino e ricci di mare, chi l'avrebbe mai detto.
390

Direi che è il momento di parlare di un altro pezzo forte che insieme alla cipolla ha stregato il mio palato. Il mitico Sigaro di cioccolata ripieno di mousse di cioccolato al tabacco (Montecristo) con gelato al Rhum. Servito con un bicchierino coperto da una pellicola leggermente forata, dentro al quale si trova vero fumo di Montecristo che va odorato tra un boccone e l'altro. Il sigaro è al cioccolato fondente, mentre la cenere è realizzata con lo zucchero. Ottimo anche il gelato al Rhum che contrasta per calore e solidità con il sigaro.
Piatto polisensoriale. Assolutamente fantastico.  

Giudizi
La cucina è molto creativa, lo chef unisce piatti della tradizione con l'estro e l'innovazione.
Stupefacente la presentazione. Gli accostamenti dei sapori sono molto interessanti.

Vi è una grandissima attenzione alle materie prime e alla loro qualità, alla composizione del piatto e all'aspetto ludico nel quale il cliente viene messo su un percorso, nel quale profumi, sapori, sguardi ed emozioni sono intrinsecamente collegati. Il sigaro è esemplificativo della volontà di Matias di realizza piatti completi a 360 gradi. Un percorso fatto non solo di sapore, ma che tocca tutti i sensi e a volte va oltre, in maniera ludica.
Il suo scopo è quello di divertire, di creare piatti creativi, esteticamente curatissimi, totalmente in antitesi con il locale.
Abbiamo notato che le cose essenziali sono 3: le ottime materie prime, l'inganno ludico dei sensi e il contrasto visivo che può portare all'inganno.
I suoi piatti colpiscono davvero al cuore: sono stupendi da guardare e deliziosi da gustare. L'obbiettivo è sicuramente quello di stupire e far riflettere la clientela.

Giudizio davvero ottimo, anche questo ristorante si merita un bel 9 e mezzo.
Unica pecca è il bagno. Non ho avuto il piacere, ma mi hanno riferito che è esterno al locale quindi se andate d'inverno rischiate di prendere un colpo di freddo nel tragitto. Va bene la tradizione da osteria, ma direi che su questo possono migliorare.

Giuditta
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mercoledì 5 settembre 2012

Un ristorante milanese molto simpatico: Blitz

Ciao ragazzi,

oggi vi parlerò di uno dei ristoranti milanesi più famosi, in voga soprattutto negli anni della Milano da Bere, ma che continua a tenere testa nonostante la crisi. Il Blitz si trova in zona Monumentale, Via Cenisio 9. Non esiste un sito internet, è tutto un passa parola.

Il locale è davvero molto piccolo, ci sono pochi coperti in due salette comunicanti divise dalle colonne. I tavoli sono letteralmente appiccicati l'uno all'altro -ma anche questo rientra nelle caratteristiche del locale.
ATTENZIONE: per le signorine che sono abituate ad avere delle borse molto grandi, come la sottoscritta, non pensiate di poter avere una sedia extra per appoggiare le vostre cose. Vi verrà mostrata una catena per tenerla attaccata sotto il tavolo.

Alle pareti color salmone troverete le foto di moltissimi personaggi famosi (politici, calciatori, modelle, personaggi dello spettacolo e del mondo del teatro). Blitz è infatti uno dei pochi locali milanesi aperto fino a tardi, famoso per essere un "dopo teatro" dove si fermano molti attori post spettacolo. 
La cucina chiude all'1 di notte e se è un venerdì o sabato sera potrete rimanere tranquillamente fino alle 2-3 di notte senza che nessuno vi mandi via. La prenotazione è d'obbligo perchè è sempre pieno anche in settimana.

Il proprietario del locale è Antonello, sardo d'origine, simpaticissimo, molto disponibile, un grande chiacchierone e grande adulatore. Un vero personaggio! Dovete sapere che ogni volta che mi vede ( e ormai ci conosce bene) mi fa degli apprezzamenti per il neo sulla guancia e poi mi mostra il suo su quella destra. Il suo fidato collaboratore è Salvatore anche lui molto disponibile e simpatico.
Si mangia rigorosamente a lume di candela.


Il menù offerto è molto semplice, direi quasi casereccio. Troverete piatti tipici proprio degli anni '80-'90 come per esempio le pennette alla vodka o il risotto alle fragole
Una cosa importante: il menù cartaceo non esiste perciò state molto attenti quando Antonello verrà a recitarvi il menù a memoria con un accento e una cadenza strepitosi. Vi confesso che la prima volta che sono andata da Blitz mi sono distratta, stavo pensando a come andasse veloce nella spiegazione e come fosse bravo a sapere tutto il menù a memoria, piuttosto che prestare attenzione ai piatti. Tornandoci ho scoperto che il menù è sempre quello da anni quindi l'aspetto interessante della vicenda è proprio la grande interpretazione di Antonello.

Nell'attesa vi porteranno delle polpettine e dei pezzi di pizza ( meglio non sapere con che carne sono fatte le polpette:p).
Il mio primo preferito sono i ravioli tartufati. Vi rivelerò che se Antonello vi prende in simpatia ed è la stagione giusta vi porterà al tavolo un tartufo e vi taglierà sopra qualche scaglia fresca. Con questo plus diventa davvero una bontà! (Mi raccomando non ditegli che vi ho svelato questo segreto).
Da provare assolutamente i filetti al carbone con un cuore di formaggio su letto di rucola. 
Buono anche il riso al salto, forse uno dei migliori di Milano, e il risotto dello Zar con caviale. Ottima anche la tartar di carne preparata al momento davanti a voi. Mi hanno detto che anche l'insalata con i cubetti di carne è molto buona.
Da provare anche le pennette Blitz e l'insalata alla londinese, ovvero degli involtini di bresaola ripieni di caprino. 
I dubbi (e sono tanti) rimangono sul vino. Non vi stapperanno mai la bottiglia al tavolo, ve la portano giù aperta. Se prendete delle bollicine sentirete spesso che non sono belle frizzanti. Aiaiai!!

Vi sconsiglio i dolci perchè sono insignificanti. Se proprio proprio non riuscite a resistere vi consiglio il tiramisù, abbastanza buono o un semplice sorbetto alla mela verde. Di solito opto per quest'ultimo.

La cosa più particolare del locale. A fine pasto vi porteranno una bottiglia di mirto sardo -Zedda Piras- e tanti piccoli vasetti di vetro con dentro baci di dama, liquirizie, caramelle, orsetti e coccodrilli di gomma, fragoline zuccherate, biscottini al cocco, amaretti e cioccolatini al rum.

Come vi dicevo prima se entrate nelle grazie di Antonello anche il conto ha una sorpresa. Noi spendiamo sempre 25 euro, qualsiasi cosa prendiamo (antipasto, primo, secondo, dolce e vino).

Da Blitz fondamentalmente non si va per mangiare bene, ma per stare in compagnia, per passare una bella serata a lume di candela, per vivere l'atmosfera di un locale particolare e perchè Salvatore è davvero un personaggio. 
Lo consiglio anche per una cenetta con una ragazza che state corteggiando, ovviamente non alla prima uscita perchè rischiate di farvela portare via da Antonello (scherzo).
Noi l'abbiamo soprannominato il locale con poca spesa e tanta resa!

A presto

Giuditta



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domenica 2 settembre 2012

Pane e Acqua di Francesco Passalacqua

Ciao ragazzi,

vi ho lasciato ieri sera dicendovi che avrei provato un posticino nuovo. Andre voleva farmi una sorpresa perciò prima di arrivare davanti al ristorante non sapevo niente.
Il posticino in questione è Pane e Acqua di Francesco Passalacqua.

Un po' di informazioni sul locale
Pane e Acqua nasce nel 2007 dalla volontà di Rossana Orlandi di offrire uno spazio di ristorazione e di incontro accanto alla sua galleria d'arte, per i suoi clienti e per tutti gli amanti del design e dell'ottima cucina. 
La vecchia tabaccheria adiacente allo Spazio Rossana Orlandi è stata così trasformata in un ristorante che conserva parte dei decori originali mescolati con pezzi di design contemporaneo e mobili di recupero industriale. Osservando le pareti potrete infatti notare che sono volutamente scrostate per mostrare il muro di mattoni. In perfetto stile post-industriale.
Entrando i vostri occhi saranno attratti da vecchie sedie sverniciate e tavoli da lavoro rivestiti di ferro e vetro. I dettagli più suggestivi sono sicuramente i tovaglioli in stoffa pendenti dal soffitto in una delle due sale e un campanello con due calici di vino rovesciati in mezzo ai quali ondeggia un perno. 
Molto particolare e divertente è l'idea di inserire il menù delle portate tra le pagine di noti romanzi.
La cosa interessante è che tutti gli arredi e i complementi presenti sono acquistabili presso la galleria. Un po' come avveniva allo Spazio Fitzcarraldo, un locale milanese che recentemente ha chiuso i battenti.
Dal febbraio 2008 Rossana Orlandi ha affidato la gestione di Pane e Acqua a Francesco Passalacqua
Il nome del locale allude probabilmente alla vicinanza con il carcere di San Vittore. Vi posso però assicurare che il nome dell'insegna è tradita dalla prova culinaria.

Il servizio è in linea con la mission del locale. Informalità, schiettezza, competenza, simpatia e molta disponibilità. Vi dico solo che nel tavolo vicino a noi vi era un gruppo di francesi che hanno chiesto di modificare tutto il menù degustazione e il personale con un po' di perplessità ha acconsentito a una richiesta così strana (dentro di me mi sono chiesta perchè non scegliessero direttamente dalla carta...bha, questi francesi:p).
La carta dei vini (che non ho visto) è molto ricca. Chiacchierando con il personale abbiamo scoperto che scelgono esclusivamente piccoli produttori. Andre ha scelto un vino davvero molto buono che non avevamo mai provato prima. La Decina Aurea della Tenuta Santa Maria alla Pieve di Gaetano Bertani. Un vino rosso molto corposo con un retro gusto fruttato.

   
Il menù degustazione
Abbiamo deciso di optare per due menù degustazione in modo tale da provare diverse specialità del ristorante e farci un'idea più completa del tipo di cucina dello chef. 
  • Insalata di porcini freschi e calamari alla piastra, salsa tuorlo d'uovo e senape
  • Wurstel di Chianina di Simone Fracassi, marmellata di cipolla rossa di Tropea e uovo livornese biologico
  • Vellutata di fagioli di Pigna con passatelli alla cicorietta e triglia di scoglio
  • Tortelli farciti ai porcini, salsa alla robiola di Roccaverano e spalla cotta del Grigio del Casentino
  • Pescato del giorno (nel nostro caso il dentice) con porcini trifolati e crostino di fegato grasso d'oca affumicato
  • Riso dolce alle susine con gelato all'olio e zafferano
  • Fichi gratinati, scaglie al cioccolato e crema di mandorle

Partiamo dall'antipasto con le relative foto per commentare tutti i piatti.
I porcini erano crudi, tagliati sottilissini, a temperatura ambiente e contrastavano divinamente con i calamari leggermente scottati. La senape dava un tocca acidulo stemperato dalla salsa del tuorlo d'uovo.

Non ho mai mangiato un wurstel di Chianina quindi è stata una bella novità. Il wurstel era molto saporito. Sopra alla marmellata di cipolla rossa di Tropea vi era questo ovetto fatto in camicia e non appena lo si rompeva con la forchetta il tuorlo si dispergeva nel piatto amalgamandosi alla marmellata.

Per una giornata uggiosa come quella di ieri direi che la vellutata di fagioli di Pigna era l'ideale. Il sapore era molto delicato, mentre la triglia e i passatelli aggiungevano un quid in più.

I tortelli farciti ai pocini erano straordinari.A giudicare dal colore della pasta erano fatti sicuramente in casa. Il ripieno con i porcini era perfetto, dal gusto molto intenso, esaltato ulteriormente dalla presenza del formaggio, la robiola. In questo modo abbiamo riprovato i porcini in un'altra veste e vi assicuro che erano saporitissimi.

Non male anche il dentice con l'accostamento del foie gras.

Il gelato allo zafferano era davvero buonissimo. Mai provato in tutta la mia vita. Il freddo del gelato contrastava con la purea di susine. Anche l'accostamento cromatico era molto particolare.

Abbiamo concluso in bellezza con i fichi che erano davvero deliziosi, dolcissimi. Una conferma dell'alta qualità delle materie prime scelte. 

Giudizio finale
Se dovessi dare un voto a questo ristorante da 1 a 10 darei sicuramente un bel 9,5
I piatti erano tutti perfetti, presentati benissimo, con materie prime straordinarie e gusto intenso. Già dall'antipasto si potevano notare due caratteristica del ristorante: l'accorstamento di marie prime eccellenti e la loro alta qualità. 
Parlando con il personale del locale abbiamo scoperto che realizzano due menù a stagione in modo tale da garantire ai clienti l'alta qualità dei prodotti. Per il menù che abbiamo degustato noi, quello con i funghi, la durata sarà ancora più ridotta (solo un mese).

I tempi tra un piatto e l'altro lasciavano il giusto tempo per poter fare una breve pausa. Spesso con i menù degustazione capita che le varie portate siano servite troppo velocemente, quindi non si ha il tempo per assaporarle per bene, o troppo lentamente e quindi per combattere la fame ci si riempie di pane. 

Il menù degustazione viene 55 euro a persona, mentre il vino suppongo che abbia prezzi più elevati dato che si tratta di piccoli produttori. La nostra bottiglia penso che venisse sui 40-50 euro. Considerate quindi una spesa tra i 60 e i 90 euro con il menù degustazione e il vino.

Andre mi ha detto che Pane e Acqua se la gioca con il Manna e Luca Cavallaro, ristoranti entrambi milanesi con lo stesso taglio e fascia di prezzo simile. Dei due ho provato solo in Manna, che è uno dei miei ristoranti milanesi preferiti. La differenza è che lo chef del Manna crea piatti molto concettuali, vi sono dei picchi di eccellenza e piatti  che convincono meno -prometto che prossimamente scriverò un post esclusivamente sul Manna per farvi capire meglio-. 
Ho trovato invece che Pane e Acqua avesse una maggiore continuità nella qualità dei piatti proposti. Si concentra soprattutto sull'accostamento dei sapori e sulla qualità delle materie prime. E' inoltre uno dei ristoranti milanesi consigliati su guide come Wallpaper e Monocle.  

Andando via abbiamo rinnovato i nostri complimenti al personale del ristorante, purtroppo lo chef era già andato via perchè tornava in Piemonte dalla famiglia. Ci torneremo sicuramente per provare un nuovo menù e decidere chi vince la sfida tra i tre ristoranti sopracitati.

Se volete andare in un ristorante molto particolare, e direi inconsueto, questo è il posto giusto. In ogni angolo si respitra arte e design. Molto suggestivo. Assolutamente da provare.

A presto 

Giuditta

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sabato 1 settembre 2012

Ciao ragazzi,

le temperature in questi giorni sono scese notevolmente. Direi che è il clima migliore per chi come me è a casa per preparare gli esami universitari di settembre. Un po' meno per chi deve uscire con la pioggia e soprattutto per chi è un po' freddoloso come la mia sister. Vi dico solo che sta pensando di mettere il piumone..ahahahah. Devo però ammettere che un piumoncino leggero non sarebbe male. Oggi a Milano ci sono stati massimo 22 gradi....brrrr! 
Con questo primo anticipo di freschino ne approfitto per parlarvi di un piatto autunnale.

Ogni anno nel mese di ottobre in Ticino si svolge la "Rassegna gastronomica del Mendrisiotto e del Basso Ceresio". Quest'anno siamo giunti alla 49esima edizione. Complimenti mia cara Svizzera!

Vi sono molti ristoranti e grotti -i ristoranti tipici del Ticino, realizzati all'interno delle montagne per conservare al meglio i formaggi e il vino- che partecipano alla rassegna. Viene proposta un’offerta gastronomica molto varia, con piatti ispirati alla cucina del territorio, specialità stagionali e classiche, rivisitate in chiave moderna.
E' dato molto spazio alla selvaggina dato che ottobre è il periodo migliore per la sua caccia.
Ogni anno, tramite degustazioni a concorso, viene selezionato il vino della manifestazione, quello che diviene il Vino della Rassegnaprodotto e offerto da un'azienda della regione.    
Per il momento ho scoperto che alla manifestazione di quest'anno parteciperanno 48 ristoranti e che il Vino della Rassegna 2012 è dell'azienda Viti Vinicola Trapletti di Coldrerio. Non l'ho mai provato quindi vi dirò prossimamente cosa ne penso.

Gustando i piatti della Rassegna si riceve un piccolo omaggio. L'anno passato regalavano delle tazzine da caffè, mentre due anni fa dei piatti con il logo della Rassegna. Sono numerosi i partecipanti che offrono ai piccoli ospiti il Piatto del Bambino, con un piccolo omaggio e la possibilità di prendere parte al Concorso di disegno.
Inoltre, raccogliendo su di un apposito passaporto i timbri di 8 differenti ristoranti visitati, si ottiene un premio fedeltà, abbinato all'omaggio ricevuto volta per volta.    

Il piatto di cui vorrei parlarvi è la Sella di capriolo alla Baden-Baden.
La sella a mio avviso è uno dei piatti che almeno una volta nella vita bisogna degustare. E' un'esperienza davvero incredibile. L'unica carne che forse può reggere il confronto è quella del Kudu che ho provato in Sudafrica (ve ne parlerò prossimamente).

La carne della Sella è estremamente morbida, si sciogli in bocca, mentre il gusto intenso della selvaggina è stemperato e diventa molto delicato grazie alla lunga cottura. 
Se non ricordo male mio papà mi aveva raccontato che la Sella di capriolo alla Baden-Baden era il piatto preferito della principessa Sissi (chiederò conferma).

Solitamente con la Sella si riescono a fare due giri di degustazione, a volte anche tre, ma dipende dal ristorante. Vi posso assicurare che finere già i primi due è molto, molto impegnativo. Vi sconsiglio quindi di prendere un antipasto perchè così vi rovinate l'appettito e non riuscirete a finire questo piatto straordinario.
Il primo giro viene servito con castagne caramellate, mele glassate, spätzli, vol-au-vent e cavoli. Il secondo con funghi, pere, polenta o di nuovo spätzli. Potete scegliere se farvi mettere la salsa cacciatora o la salsa ai mirtilli. Io sinceramente me la faccio mettere sempre a parte per non coprire il sapore squisito che ha la carne.

Adesso vi lascio che vado a provare un nuovo posticino con la mia dolce metà;-)








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mercoledì 29 agosto 2012

Ciao ragazzi,

vi ho lasciato parlandovi di California Bakery, ma vi rivelo solo qui una novità.
Ho parlato con gli chef dello store che sono stati molto gentili e disponibili a fornirmi una delle loro ricette più famose: l'originale New York Cheesecake.

N.Y. Cheesecake: un classico California Bakery

The original N.Y. Cheesecake
INGREDIENTI
Per uno stampo rotondo ø 20-22 cm con bordo sganciabile 6 /8 porzioni
Per la crosta
› 300 g di biscotti › 80 g di burro preventivamente sciolto › 1 pizzico di cannella › 1 teaspoon di miele di acacia.
Per la crema
› 400 g di formaggio tipo robiola › 300 g di ricotta fresca di mucca › 200 g di zucchero semolato bianco › 150 g di panna fresca › 40 gr di yogurt intero naturale › 4 uova freschissime intereleggermente battute › 1 buccia di limone, non trattato,grattugiata › 1/3 di semi bacello di vaniglia › 1/2 teaspoon di farina bianca 00.
PROCEDIMENTO
Per la crosta
Frullare finemente i biscotti, aggiungere cannella, miele, burro sciolto e lavorare il composto direttamente con una mano. Mettere alcune manciate di impasto all’interno dello stampo e creare prima il bordo e poi la base. Riporre la teglia in frigorifero per almeno 30’.
Per la crema
Amalgamare il formaggio con ricotta setacciata, yogurt, zucchero, buccia di limone grattugiata, vaniglia, uova panna e per ultimo la farina setacciata. Rovesciare la crema nel vostro stampo e cuocere in forno preriscaldato a 160° per 55’ + 5’ avendo cura di aprire lo sportello del forno per far uscire il vapore in questi ultimi 5’.

Tempi di raffreddamento e degustazione
Estrarre il dolce dal forno e lasciarlo raffreddare per almeno 3 o 4 ore e poi riporlo in frigorifero per almeno altre 2 o 3 ore. Estrarlo dal frigorifero 20’ prima di de- gustarlo. Si può decorare con marmellata di lamponi o fragole, frutta fresca oppure con una ganasce di cioccolato. Deve essere consumato massimo entro 2 /3 gg dalla preparazione e conservato rigorosamente nel frigorifero.

Showcooking School
La New York Cheesecake è uno dei cavalli di battaglia di California Bakery. Nonostante la ricetta sia stata svelata, i trucchetti e le piccole attenzioni necessari per renderla perfetta si possono apprendere solo direttamente dai loro pasticceri. Ecco perchè mi hanno parlato della Showcooking School
Grazie a questo programma potrete imparare a realizzare le cheesecake insieme a team di California Bakery. I laboratori di Showcooking hanno diverse date durante l'anno, sono monotematiche e vi insegneranno i trucchetti del mestiere. 

A presto

Giuditta


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